In tutte le regioni italiane si ha una grande varietà di vitigni e vini dolci. I vini dolci, sia essi passiti che liquorosi sono dei vini da desserte, ossia per desservire. Spesso si pensa erroneamente che a fine pasto, accompagnando il dolce, sia più opportuno abbinare un vino secco, o un amaro, una grappa, ma non è sempre così. Una curiosità: i vini in passato erano tutti dolci. Gli antichi romani passavano il vino nella resina per addolcire l’amaro del vino e fino alla fine dell’800 anche lo Champagne era dolce. Anche l’Amarone era inizialmente dolce ed è nato infatti per errore.
Le categorie più diffuse dei vini dolci, dei vini da dessert sono i passiti e i vini liquorosi.
I VINI PASSITI
I vini passiti sono quei vini che si ottengono per appassimento delle uve, appassimento che può essere di due tipi: naturale, ossia che i grappoli appassiscono sulla pianta e artificiale o forzato, ossia che l’appassimento viene effettuato dopo aver raccolto i grappoli d’uva. In entrambi i modi si provoca una perdita d’acqua dagli acini, aumentandone la concentrazione zuccherina. Questo processo influenza favorevolmente anche altri componenti del vino, quali ad esempio i profumi.
Una volta appassiti, i grappoli vengono poi pressati e vinificati. La fermentazione solitamente procede piuttosto lentamente, poiché la temperatura del mosto viene mantenuta bassa per preservarne il patrimonio aromatico. Anche l’elevata concentrazione zuccherina del mosto, ostacolando la moltiplicazione dei lieviti, contribuisce a rallentare la fermentazione.
I vini Passiti in maniera NATURALE sono di tre tipi:
MUFFATI In particolari condizioni ambientali il ritardo della vendemmia favorisce il formarsi della muffa nobile (Botrytis cinerea) sugli acini. Tale muffa nobile perfora la buccia provocando una perdita di acqua e una concentrazione del grado zuccherino. Da queste uve, dette “botritizzate” o “infavate”, si ottengono vini d’elevato titolo alcolico, dotati di un corredo aromatico sontuoso ed elegante. La formazione degli acini “infavati” avviene in tempi più o meno lunghi e non sempre in modo uniforme. E’ quindi necessario effettuare la vendemmia in più passaggi, raccogliendo ogni volta solo le uve che hanno raggiunto un sufficiente sviluppo della muffa.
Poiché il fungo provoca una “asciugatura” degli acini, si può avere una riduzione del volume dei grappoli raccolti del 50-60%. Le rese ad ettaro sono quindi piuttosto limitate. In Italia i vini muffati si prducono per lo più nel Lazio, in Umbria e in Emilia, ma i più famosi e più ricercati sono i Sauternes francesi, vini muffati prodotti nel distretto vitivinicolo di Graves in una zona delimitata da cinque comuni (Barsac, Bommes, Fargues, Preignac e Sauternes). Questo tipo di vini si abbinano molto bene con foie gras, formaggi erborinati e stagionati, non molto con i dolci.
ICEWINE Questi vini sono una curiosa variante della vendemmia tardiva perchè si lasciano i grappoli in vigna perché subiscano l’azione del gelo invernale, appunto chiamati vini del ghiaccio. Sono vini di origine tedesca, ma si producono anche in Val d’Aosta o in Alto Adige. Le gelate favoriscono la concentrazione di zuccheri, acidi e aromi, poiché il freddo prosciuga in parte gli acini. In sostanza, quando ghiaccia, l’uva appassisce in pianta fino addirittura al Gennaio successivo alla vendemmia per dare tempo al ghiaccio di formare una patina sull’acino che concentra l’acqua, la ghiaccia e la separa dagli zuccheri. Gli Icewine sono prodotti densi, ricchi di sentori di frutta esotica e miele e con uan grande acidità che favorisce un equilibrio di gusto con la dolcezza dovuta all’alta concentrazione di zuccheri. Il vitigno con cui si usa fare questo tipo di vini è il Reisling, che può durare fino a 30-50 anni.
PICOLIT è considerato una gemma dell’enologia italiana. Così chiamato per la scarsa produzione dei suoi acini e grappoli, oppure secondo altre versioni, per le ridotte dimensioni della sua uva. Oggi questo vino è prezioso ed introvabile, basti pensare che la sua produzione annua è di circa 500 ettolitri, non a caso si dice che sia il vino dei principi e dei papi, di cui ne deliziò i palati.
Un tempo era coltivato in tutto il Friuli, oggi invece permane solo sui colli udinesi e goriziani a causa della sua scarsa produttività, la vite produce infatti pochissimi e radi acini, circa 10-15 acini per grappolo. La sua seppur ridotta produzione è considerata quasi un miracolo della natura, perchè deriva da un fenomeno naturale di origine genetica che non porta a compimento la fioritura. Questo fenomeno prende il nome di “acinellatura”, o anche “aborto floreale”. Il grappolo, una volta fiorito, non arriva a portare tutti i fiori ad acino per cause legate anche al clima della zona. L’uva è a maturazione tardiva, molto ricca di componenti aromatiche e zuccheri che produce un vino dolce, sapido, fresco dal sapore quasi caramellato.
I vini Passiti in maniera ARTIFICIALE si ottengono attraverso due metodi:
APPASSIMENTO AL SOLE In zone tipo la Sicilia in cui vi è molto sole, la vendemmia viene anticipata e si pongono i grappoli ad appassire al sole, affinchè si elevi la concentrazione zuccherina ed evapori l’acqua. Dato la dolcezza di questo tipo di vini, è usuale aggiungere del vino da altre uve meno mature per bilanciare un pò l’acidità.
APPASSIMENTO SUI GRATICCI In zone più fredde dove non è possibile che il sole appassisca l’uva, si usa stendere i grappoli su dei graticci e viene lasciata asciugare fino al Gennaio successivo alla vendemmia. Generalmente i graticci vengono utilizzati nel Veneto, o comunque in ambienti molto ventilati.
I VINI AROMATIZZATI
I vini aromatizzati (minimo 10°) partono da un vino/mosto fermo al quale si aggiungono alcol, zucchero o mosto, infine erbe o spezie aromatizzanti in giusta proporzione.
Ad esempio, per ottenere il Barolo Chinato si usa corteccia di china; il Vermouth o Wermut è il termine tedesco per l’assenzio e dà il nome al vino aromatizzato sicuramente più conosciuto (Martini).
Il vino così ottenuto viene filtrato e chiarificato, con una maturazione di 6-12 mesi si imbottiglia.
Da non confondere con i vini aromatici i quali sono invece ottenuti da uve aromatiche (es.: Moscato, Gewurtztraminer, ecc.).
IL MARSALA
La diffusione del più famoso vino liquoroso italiano è da attribuirsi al commerciante inglese John Woodhouse che nel 1773 riparò a Marsala a causa di una tempesta. Avendo apprezzato il vino locale decise di spedirne una partita in Inghilterra rinforzandola con alcol etilico per farla resistere al viaggio.
Nel 1832 furono i Florio i primi italiani ad occuparsi della produzione, seguiti dai Rallo e dai Pellegrino.
Per l’approfondimento sul vino MARSALA rimando direttamente ad uno speciale in precedenza inserito nel blog dedicato a questo vino.